#6 la madonna nera

Santuario di TindariNon so esattamente cosa mi spinse ad addentrarmi in quella terra arida, così diversa dal biancore della mia pelle tutta imbibita di cortisonici, ma fu la prima cosa che feci appena uscito da quel ricovero forzato. Ne avevo sentito parlare in quei giorni di degenza come meta per i pellegrini in cerca di grazia, tuttavia, la ragione del mio viaggio aveva radici diverse dalla necessità d’intercessione col Padreterno e dalla fede, che peraltro non mi avrebbe mai illuminato. Ciò che mi incuriosiva al punto da decidere che sarebbe stata la prima cosa da fare con ancora il bagaglio appresso e l’odore di anestetici addosso, era l’idea della spiaggia sotto la rupe su cui capeggiava l’immaginetta di una madonna nera con le braccia aperte e uno sguardo triste, che mi aveva mostrato un compagno di stanza nell’ora del suo quotidiano recitare vespertino. Era un uomo mite, silenzioso, di una fede riservata e misteriosa, poco invadente, rara in questo senso. Ne percepivo il pregare a voce soffocata, rotta dentro un silenzio fatto di sguardi e paure, ma anche di speranze cui aggrapparsi tenacemente.
Così appena presi il primo respiro d’aria sufficientemente profondo da risvegliarmi polmoni, odori, pensieri e rimettere insieme obiettivi e ricordi, decisi che per prima cosa avrei imbucato la scorciatoia sulla destra dell’Ospedale Civico, che mi avrebbe condotto, su indicazione di un solerte infermiere, direttamente nella traversa alle spalle della Chiesa Maggiore, dove avrei trovato la sede di una piccola agenzia viaggi che, nonostante la crisi di settore, continuava a vivacchiare organizzando piccoli tour con mezzi di trasporto sgangherati nelle zone limitrofe alla città: due famose mete di svago e una destinata al pellegrinaggio di fede e dolore. Non appena varcai la soglia della MFTA, Manitta e Figli Travel Agency, un piccolo tugurio a gestione familiare, la mia attenzione fu subito rapita dalla voce di un vecchio barbuto che, dalla stanzetta sulla destra della biglietteria, urlava prendendo accordi telefonici di orari e partenze conditi da insulti e benedizioni. Solo in seguito notai una giovane donna corpulenta e priva di espressione che, chiusa nel gabbiotto a vetri della minuscola biglietteria, chiedeva meccanicamente quale fosse la destinazione del viaggio, riferendo costo e orario di partenza, arraffando avidamente i soldi e restituendo il resto senza aggiungere una parola o un sorriso, che rivelasse un minimo di umana partecipazione all’azione che svolgeva.Continua a leggere…