prose da “Il volto perfetto della morte”

[ogni addio necessita un taglio netto
 un’incisione acuta
 la traduzione di uno stato d’ansia
 che s’arrota le lame in silenzio]

Prepararsi alla fine è un atto di misericordia terrena.

I.

Pensiamo alla malattia come fosse qualcosa di estraneo ed esterno a noi: una minaccia, una iattura o, comunque, come qualcosa che mai dovrebbe intaccare l’ordine perfetto dell’abitudine del nostro vivere; ma la malattia non è altro che il vivere stesso, parentesi o direzione finale del viaggio, essa è anche occasione di luce e ridimensionamento delle cose nell’abisso della consapevolezza del nostro termine. C’è tanta beatitudine da scoprire nell’interazione delle cose e degli eventi con la parte più umana e fragile del nostro corpo e delle sue limitate funzioni animali. Scoprire la felicità irriducibile della sopravvivenza riporta a uno stadio di libertà ferale che, nell’immanente, riconosce lampi di numinosa trascendenza. La sofferenza è un’esperienza da accogliere come occasione di umana salvezza.Continua a leggere…

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da “Il volto perfetto della morte”

La necessità è un volo basso
un passo laterale appena rasente
la superficie malata delle cose
come sono, loro,
e io.

Non si può fissare il sangue tra i secondi e le arterie
come fosse inchiostro per garantirci a firma
bene e male.
Forse sarebbe più saggio un piccolo gesto di morte
trafiggere un quadro
fin dentro la parete che ci contiene

ma tu lo sai,

io mi soffermo sugli interni, sulle cose che accumulano polvere.
Fuori è tutto ciò che non mi appartiene e respira.
Gli oggetti invece mi somigliano, sono senza chiedere di essere,
io non devo loro nulla, loro mi contengono per ignavia e fattura.

Sparire è come fissare l’attimo preciso di un istante che muore, una
pellicola sbiadita destinata a impallidire, un pensiero che svanisce
l’immagine confusa di un seno tra le dita e una mano che ne scrive
la morbidezza senza tatto.

Labbra piccole su piccole labbra
come essere per te ieri
il lutto di domani