#5 il corridoio

La sequenza dei numeri disposta sui due lati opposti –  pari a destra, dispari a sinistra, presupponendo un verso di attraversamento che si inverte, ovviamente, se si procede al contrario – si mescolava all’odore della moquette che aveva il compito di assorbire i passi degli ospiti celandone le rispettive esistenze e i loro movimenti in entrata e uscita dalle porte numerate di un alberghetto a tre stelle, tra l’incrocio del vialone che conduce alla Chiesa Maggiore e il largo di Piazza Stazione. Il senso ovattato delle possibilità nascosto dentro il silenzio delle quattro mura, esercita su me un fascino peccaminoso e promiscuo nella fantasia degli ignoti possibili incontri. I luoghi di passaggio sono un guazzabuglio emotivo, carico di vita, di pulsioni. Nel percorrerlo con in mano il portachiavi d’ottone a forma di campanella piena, silenziosa, che al posto del vuoto e del battente ha un numero inciso che decreta che dormirò a sinistra, nella stanza cinquantasette, penso all’ammasso di vite in movimento, in continuo passaggio che abitano temporaneamente quel crocevia di corse e pelli e dita e mani che aprono maniglie, ripongono i soprabiti negli armadi freddi con tre grucce appendiabiti quale unica terna di possibile scelta per non spiegazzare i vestiti migliori ammassati nella valigia. Attraverso il corridoio annusando come un segugio tracce di quelle esistenze, scie di odori vivi di carne, di donne, di uomini prevalentemente. Continua a leggere…

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