A sentenza pronunziata a carico del sig. Silvio Berlusconi, come previsto, assistiamo al susseguirsi di dichiarazioni e prese di posizione dell’apparato politico del PDL.
Tentando di osservare la vicenda con il necessario distacco dello scrittore, l’immagine che mi si restituisce è quella degli scarafoni dopo la vaporizzazione del DDT sulla loro tana: uno scomposto muoversi di scatto, senza colpo ferire, senza meditazione, un moto istintivo di sopravvivenza. Ma tornando ai fatti, la sentenza è arrivata come un botto annunciato, un gioco d’artificio che, per quanto atteso, scuote con la forza del suo tuonare e l’imbarazzo delle sue tante luci colorate, lì nel buio tutte insieme. E da quelle luci, nude nel buio, sembrano fioccare le dichiarazioni, tra premeditazione apprise par cœur [imparata per tempo a memoria] e stizza contenuta con mal celata difficoltà.
Ne prendo una dal mucchio, quella che più di tutte mi interessa commentare, un po’ perché a rilasciarla è una donna, una delle donne simbolo dell’apparato governativo dell’ultimo ventennio; un po’ perché nella sua ipocrisia (ipocrisia del messaggio, l’equazione eventualmente mi potrebbe appartenere intimamente e non sarebbe dunque sindacabile non essendo esposta per iscritto) dice due cose gravi, gravissime:
in primo luogo perché sono una distorsione della verità e
in secondo luogo perché minimizzano un reato, fino a sdoganarlo totalmente, come la marachella di un bambino, cui non si può non perdonare anche col sorriso, di aver infilato le dita nella torta in piena festa.
Dunque andiamo a noi e leggiamo una delle affermazioni della Carfagna all’arrivo della notizia della condanna del capo del suo partito, sig. Silvio Berlusconi:
“Grande amarezza e stupore. Questo è l’epilogo di una lunga guerra, durata 20 anni, di una piccola parte della magistratura contro uno dei più grandi leader politici italiani, che è anche uno dei maggiori contribuenti. Fa stupore pensare, infatti, che una persona possa evadere il fisco per pochi milioni di euro quando ne versa alcuni miliardi”
Mara Carfagna
Sorvolando sull’uso improprio del termine “guerra”, oggi usato eversivamente e, mi si passi, anche in modo grossolanamente drammatizzante dal sig. Sandro Bondi, ciò che mi preme dunque rispondere sinteticamente alle affermazioni della signora Carfagna è che il sig. Silvio Berlusconi paga sì le tasse per un ammontare annuo pari più o meno a 450 milioni, relativi a proventi noti, accertati e “alla luce del sole” a suo nome, proventi quindi “non evadibili” in quanto non si può sfuggire dal pagamento degli stessi, purtuttavia bisogna aggiungere a questa mera constatazione dei fatti, un altro fatto non meno rilevante, ovvero che la condanna pervenuta ieri riguarda solo i due anni di evasione sotto processo che non siano caduti in prescrizione, pertanto la cifra che si considera evasa non riguarda un trentennio o più di attività imprenditoriale e politica, ma solo i due anni “sotto processo” anche se il meccanismo evasivo ricopriva un lasso di tempo impunito di decine di anni “prescritti” anche grazie ad una serie di interventi “ad personam” che il sig. Silvio Berlusconi ha magistralmente messo in atto durante gli anni del suo Governo.
Facendo due semplici calcoli allora, sarà facile comprendere che “l’evasione di pochi milioni di euro” asserita dalla Carfagna non corrisponde al vero, dacché l’ammontare “noto” evaso ammonterebbe già a centinaia* di milioni di euro, per i quali gli onesti contribuenti italiani non verranno sollevati mai di un centesimo.
(*ma io non ci credo) – cit