Dunque un giorno ho scoperto di essere diventato romantico senza passione, senza alcuna privazione, freddamente attonito nell’atto di guardare, ascoltare tutto ciò che mi circonda con un’attenzione maniacale per il dettaglio, l’espressione, l’accento di una nota capace di attanagliarmi alla gola.
Ci sono tanti modi per schiaffeggiare la felicità, il disincanto acquisito con dovizia di dolore aiuta ad arrivare a quello stadio di distacco necessario e totale da qualsiasi emozione.
Chiamo questa mia nuova in_esistenza “la mia fertile aridità“, un ossimoro banale in fondo, come la vita al fondo. Dunque sorrido tanto.
“Peggio di così non può andare“, mi ripeto, e anche se già mentre lo dico so che non è propriamente vero, mi piace conservarmi la speranza che si mantenga almeno questo poco meno di uno zero.
A trenta gradi con un tasso di umidità sostenuto si può anche testimoniare una negligenza di fronte alla vita, come una volontà di rifiuto davanti a qualsivoglia stupida incertezza.
Si potrebbe dire saturazione, come quell’eccesso di colore che deforma fino a cancellare il tratto veritiero di un istante fissato e morto al momento dello scatto.
Però è così romantico, così romantico questo momento e il suo tragicomico silenzio, che quasi mi sembra di star bene come sono.