E’ un piccolo ristagno
quello che chiamano cielo
nel pugno stretto di chi nasce
nell’abbandono singolare di chi muore
quasi a dire che per vivere bisogna lottare
per morire basta lasciarsi andare
uno sciacquettìo di risa
dentro le pozzanghere nei vicoli di Londra
lì le mamme non fanno tanta scena
per un po’ di mud sugli stivali da pioggia
qui è stato sempre più complicato
il rapporto col tempo
trastullato nel sole caldo di mesi che
dalla fine dell’inverno ti riaccompagnano
in maniche corte alle porte del nuovo freddo
ogni anno sempre più freddo – dicono
ma è l’età che fa percepire con più fatica i mutamenti del clima
mentre quattro gocce di pioggia allagano le strade secche
e i tombini otturati dall’incuria di chi se ne frega del disagio cittadino.
Sono sempre quattro gocce d’acqua
quattro gocce d’acqua che sembrano lacrime
come quando te ne sei andata tu, Loredana,
e tutto era un vero lago di dolore
pensiamo di avere sempre la soluzione in mano
di essere i sacerdoti della giusta intuizione
ma non sappiamo nulla neanche di noi stessi
tanto da consentire al più idiota degli idioti
di turlupinarci come meglio crede
intanto le acque si colorano d’arcobaleno
e se un bambino ridendo ci zappa i piedi dentro
cosa vuoi che sia il freddo di ieri?
la pugnalata che riceverai domani?
è tutto un susseguirsi di nuvole come cavolfiori,
di agnellini e pecore che movimentano il cielo di fantasia
e bellezza
il peggio è qui
qui giù a terra
nel fango che rimane incrostato
alle scarpe buone.