
Mese: febbraio 2015


Carteggi juke-box: Crazy Little Thing Called Love – Queen
Carteggi Letterari - critica e dintorni
Crazy Little Thing Called Love – Queen
Scritta da Freddy Mercury nell’estate del 1979, “Crazy Little Thing Called Love” è una delle canzoni più famose dei Queen, la leggendaria rock band inglese composta da Mercury, Brian May, Roger Taylor e John Deacon. Il singolo fu pubblicato il 5 Ottobre del 1979 ed inserito nell’album “The Game” (1980). In un’intervista, Peter Hince – assistente personale di Freddy e John Deacon – raccontò di un guizzo di estemporanea creatività che colse il cantante mentre si trovava in un albergo a Monaco di Baviera: immerso nella vasca da bagno, Mercury chiese a Hince di prendere velocemente appunti e poco dopo, ancora avvolto in una asciugamano, diede forma e contenuto ad uno dei loro brani più conosciuti in cui facilmente riconosciamo l’accattivante stile nel sound e nell’inconfondibile voce.
La canzone – che inneggia a quella “pazza e piccola cosa chiamata amore” – fu scritta…
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Orfeo (1), Trattativa con l’ombra, Ennio Cavalli
Carteggi Letterari - critica e dintorni
di Daniela Pericone
“Orfeo è l’uomo. L’uomo superiore. L’uomo completo: il poeta.
Indovinate? Orphèe c’est moi. E Orfeo non può fingere,
non può velarsi. La sua parola, formulata come parola,
ampliata e prolungata nel canto, è direttamente collegata alla radice.
Troppo “pesante di profondità” da tollerare veli.”
Alberto Savinio, Parlo di Orfeo Vedovo
Non c’è poeta che non abbia dedicato versi a Orfeo, che non abbia tratto ispirazione dalla figura del mitico cantore e fondatore di misteri. La radice di una fascinazione che ha coinvolto i poeti (ma anche romanzieri, drammaturghi, musicisti, pittori e artisti in senso lato) di ogni luogo e di ogni tempo non sta tanto nel ruolo di iniziatore della poesia che il mito gli attribuisce, quanto nella vicenda di Eros e Thanatos che lo vede protagonista, l’amore per la sposa Euridice uccisa dal morso di un serpente e la discesa agli Inferi per ricondurla a…
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IN GENERE RITUS di Andrea Ponso – La traduzione “in genere ritus”
Carteggi Letterari - critica e dintorni
La traduzione in genere ritus
In Gv 2, 21 l’evangelista, riferendosi alla distruzione del tempio da parte di Gesù, ci dice che si trattava del “tempio del suo corpo”. Questa fondamentale sottolineatura giovannea potrebbe essere la base per provare a pensare alla traduzione letteraria in genere ritus. Questa dichiarazione teologica, infatti, sottolinea che sempre, quando si parla di esperienza, non si deve dimenticare che essa è per sua natura multimediale, estetica e spazio/temporale: il tempio non è riducibile alla sua costruzione, esso è anche (e forse soprattutto) fatto dell’insieme sinestetico dei vari linguaggi: perché il corpo, come il testo, parla e ascolta; compie azioni e gesti significanti ed è esso stesso significante nel suo insieme; inoltre, esso è sempre un corpo incarnato in un contesto storico e spaziale, culturale e temporale. E tutto questo ne fa un corpo rituale, vale a dire un tempio nel suo evento…
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Per il fine settimana – Franco Buffoni suggerisce Constantinos Kavafis
Constantinos Kavafis
La fiamma e la cenere. Su Walter Benjamin (I)
La fiamma e la cenere.
Su Walter Benjamin (I)
1. Tra il 1924 e il 1925 Benjamin pubblica, sulla rivista «Neue Deutsche Beiträge» diretta da Hofmannsthal, un saggio sulle Affinità elettive di Goethe che resta, tra tutti i suoi lavori, uno dei più impegnativi e penetranti. Il testo si apre con una riflessione di ordine metodologico che inerisce in particolare alla distinzione tra due modi di avvicinamento all’opera letteraria, la critica e il commento. Anziché alimentare la confusione, ancor oggi corrente, tra queste forme, Benjamin procede non solo sceverando l’una dall’altra ma anche additando, per ciascuna di esse, un differente oggetto conoscitivo: «La critica cerca il contenuto di verità di un’opera d’arte, il commentario il suo contenuto reale»(1). Tuttavia, proprio nel loro aver di mira aspetti diversi dell’opera, i due modi di considerarla non risultano tali da escludersi a vicenda, ma si danno anzi come idealmente…
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Minoritari
Minoritari
Molti di noi, siamo sinceri, pur non essendo minori, siamo di fatto, a torto o a ragione, minoritari. Leggiamo, scriviamo, pubblichiamo perché abbiamo letto, scritto, pubblicato ma non riusciamo, non siamo riusciti del tutto ad attraversare il limbo che maldestramente ci connota come ignavi e ad approdare ad una gratificazione (o ad una ricompensa) che non sia quella di amici generosi e ospitali o addirittura di familiari che ci stimano con la loro fiducia e talvolta ci sostengono con la loro bonaria magnanimità. Sicché siamo sopra- o sottovalutati?
Sono gli altri (il sistema, l’apparato, la casta, il blog) che ci negano interesse e considerazione o siamo noi a pretendere una sorta di consacrazione dovuta, di legittima cooptazione? È un dilemma, siamo a un bivio: c’è chi persegue la propria strada resistendo ai dubbi e alle incertezze e chi lascia quella strada di tenacia e di…
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riletture, 11
riletture, 10

Mattina: dove Ungaretti scrisse “M’illumino / d’immenso”

Spazio Inediti (6): Luciano Mazziotta

“Il dubbio. Qui. Intorno” – Il Beckett di Roberto Bonaventura per “Atto Unico”
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In seno alla rassegna “Atto unico. Scene di vita, Vite di Scena” 2014-2015 – direttore artistico Auretta Sterrantino – domenica 15 febbraio è andato in scena “Il dubbio. Qui. Intorno”. La chiesa di S. Maria Alemanna ha prestato il suo gotico fascino ad una rappresentazione tutta incanto ed il pubblico è stato volutamente immerso in un vortice emotivo a un metro dai protagonisti, con la possibilità di catturarne da vicino sguardi e movenze. Le sedute disposte sui tre lati cingevano la scena ricavata al centro della chiesa: atmosfera sommessa, buio silenzioso ma aperto a nuova dimensione. “Il dubbio. Qui. Intorno” è uno spettacolo ispirato alla produzione drammaturgica di Samuel Beckett. In scena tre dramaticules: “Catastrofe”, “Passi” e “Improvviso nell’Ohio” per la regia di Roberto Bonaventura e l’aiuto regia di Martina Morabito, scene e costumi di Adriana Mangano, oggetti di scena a cura di Chiara Salvo…
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Marco Corsi – Le acque
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dinatàlia castaldi
Le acqueè un libretto di poesie di Marco Corsi che ospita e si impreziosisce di due splendide opere visive dell’artista Meri Gorni. Pubblicato per i tipi de L’Arca Felice nell’ottobre 2014, con la supervisione e cura di Mario Fresa, questo libretto costituisce un piccolo gioiello in 199 copie numerate, ordinabili in rete presso il sito della casa editrice.
Dalla plaquette, che andrebbe letta per intero per poterne cogliere l’unicum che ne costituisce la perfetta gestione di ritmo e pensiero, estrapoliamo alcuni testi che sembrano enucleare i tre temi fondamentali dell’opera in tre momenti di quel misterioso e inesorabile πάντα ῥεῖ che in sé contiene il seme vitale di quest’opera: la scoperta della fragilità umana, il conseguente stato di dubbio ed incertezza, la necessità di trovare a tutto questo una via di salvezza attraverso la pratica della memoria, sì che lo scorrere non rimanga solo un istante fine e finito…
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Mario Santagostini a Trevigliopoesia
Carteggi Letterari - critica e dintorni
Sabato 21 febbraio, dalle ore 18.00 alle ore 19.30, Mario Santagostini presenta a Trevigliopoesia la sua ultima raccolta di poesie, Felicità senza soggetto (Mondadori, 2014).
Un incontro con lettori e curiosi, condotto da Stefano Pini.
Nel corso della serata sarà possibile dialogare con l’autore, acquistare il libro e scoprire gli antichi interni della Biblioteca Civica di Treviglio.
#CarteggiLetterari ci sarà.
Mario Santagostini è nato a Milano, dove ha sempre vissuto, nel 1951. Fra le sue raccolte di poesie ricordiamo: Uscire di Città (1972, 2012) Come rosata linea (1981), L’Olimpiade del ’40 (1994), L’idea del bene (2001), Versi del malanimo (2007). Ha inoltre scritto il saggio Manuale del poeta (1988). Ha tradotto dal latino e dal tedesco. Ha collaborato e collabora alle pagine letterarie e artistiche di vari quotidiani e periodici.

Carteggi juke-box: Zucchero e pepe – NostalgiaSANREMO che ti prende proprio quando non vuoi
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In questo S. Valentino carnevalesco – o Carnevale valentiniano de gustibus – si concluderà la 65esima edizione del Festival di Sanremo. Mentre si attende la proclamazione del vincitore nella sezione Big che più big non si può – e per le nuove proposte ieri si è già classificato primo Giovanni Caccamo con il brano “Ritornerò da te” ottenendo anche il premio della Critica Mia Martini e quello della Sala Stampa Radio-Tv-Web – vi proponiamo un brano del Sanremo 1955 che non giunse alla finale: “Zucchero e pepe”. Troppo facile attingere a un “Nel blu dipinto di blu” di Modugno che trionfò nel 1958 o a una “Vita Spericolata” di Vasco che nel 1983 risultò penultima nella classifica generale. Nostalgia di quella qualità che non appartiene più a questi tempi, “Zucchero e pepe” – cantato nella sanremese circostanza da Clara Jaione e i Radio Boys – viene qui ripresentato…
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