#3 il vecchio salice

Non sono certo che fosse un sogno. Ci sono stati di coscienza illuminati dalla grazia in cui la consapevolezza di sé si perde e trasmigra oltre le grida del presente, al di là dell’orizzonte. C’era un tronco attorcigliato di radici rugose, mi è impossibile dire precisamente quale fosse il numero esatto delle sue braccia, alcune forti, altre esili appena ingemmate. Le foglie come piume, le radici come grosse cosce muscolose, salde, pronte allo scatto come le gambe di un atleta immobile sulla pista in attesa dello sparo. Sulla riva del lago si specchiava immergendo i rami più lunghi pieni di fronde, che con dita delicate, esili e fragili da bambino eterno e nerboruto, si divertivano a distorcerne l’immagine sulla superficie dell’acqua, che tremava di concentrici cerchi d’acqua tra i lunghi pianti filiformi del suo tronco oscuro. Non ci sono tempi certi per il trapasso, l’ascetico sentiero del silenzio a volte gioca tra i lunghi passi delle visioni di un tutto che sfuma la realtà in un sordo mormorio di possibilità impronunziabili, impensabili. Quando mi girai per chiedergli il suo nome, come se non avessi capito che fosse un salice che piangeva il significato del suo nome, lo vidi allontanarsi su gambe secche e muscolose, senza più fronde, con una pelle scura e squamosa e la schiena ricurva. La nuca non aveva capelli e disegnava una esse tondeggiante e sinuosa tra l’attaccatura gobbuta delle spalle e il collo. Non vidi il suo viso. Era di spalle e ormai troppo lontano per coglierne i tratti distintivi con la mia vista precaria nella luce disinvolta di un’alba nuvolosa.
La metamorfosi della fine avviene ad ogni capoverso – dissero le mie labbra in silenzio.
Poi mi addormentai di nuovo, sognando qualcosa che dovette turbarmi al punto da trasalire seduto al centro del letto in mancanza di respiro.
Devo aver vissuto mille vite cui ricongiungermi lentamente – continuò quel mio dialogo muto.
Non so se il vecchio mi abbia visto prima di darmi le spalle e andare, di certo so solo che mi lasciò quel segno, quella lettera dell’alfabeto scritta sul suo corpo che si allontanava: esse.
La ripeto in cerca di un nesso col mio destino.

Es

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4 pensieri su “#3 il vecchio salice

  1. Benvenuto Canallegri, non conoscevo questa bella ballata, la trovo adeguatissima al mio testo, quindi la ringrazio doppiamente, e per il dono e per i complimenti.
    A presto.
    Es

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